«Alcuni pastori vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge». É con questa immagine, tratta dalla notte del Natale del nostro Signore, che desidero rivolgermi a tutti voi, cari lettori, comunità ecclesiale e cittadini della nostra diocesi, per salutarvi con gli auguri di ogni bene. I pastori vegliano di notte mentre attendono l’aurora: quanto deve durare ancora la nostra notte con la sua oscurità che ci avvolge? Siamo in mezzo a timori e disagi, mentre ci mancano molte cose, la vicinanza e il contatto fisico soprattutto.
Anche a noi tocca di fare la guardia, sempre attenti a non contagiarci, osservando le norme necessarie, anche noi siamo in una continua veglia. I pastori, però, non dovettero attendere l’alba per vedere la luce: essa li avvolse nel bel mezzo della notte, all’apparire del messaggero che li invitava a raggiungere Betlemme per vedere il Neonato. Allora essi dissero: «andiamo!» E si misero in cammino. Sì, è questo il messaggio che desidero trasmettervi: quel plurale del verbo andare (andiamo!). Il Covid pare funzionare da «livella» mettendoci tutti sullo stesso piano di vulnerabilità senza guardare in faccia nessuno. Così ci ha ricordato che siamo tutti sulla stessa barca dove «ognuno è importante e necessario per non affondare» (papa Francesco).
Ci rendiamo conto di non poter andare avanti ciascuno per conto suo ma soltanto insieme, la pandemia ci spinge a considerare le conseguenze dei nostri atti sugli altri, a non rimanere concentrati su noi stessi e a farci attenti alle necessità del nostro prossimo. Infatti quando ci troviamo tutti ugualmente nel bisogno, diventiamo più sensibili ai bisogni altrui. Senza dubbio questa pandemia un bel giorno finirà ma mettersi semplicemente in attesa di quel momento non ci fa bene, non vogliamo vivere in un tempo «sospeso», vogliamo vivere il presente.
Si tratta perciò di alzarsi e mettersi in cammino, come i pastori, e scoprire che la luce comincia già a splendere nel cuore della notte, ben prima dell’aurora. «Sentire» la sofferenza degli altri e non solo la propria, preoccuparsi dei loro problemi insieme ai nostri, coltivare in noi stessi il senso di appartenenza ad un’unica famiglia e provare compassione (patire-con) verso tutti i suoi membri traducendola in gesti semplici e concreti che ci sono permessi dalle restrizioni: suonare il campanello a chi è solo per un saluto a distanza, portare la spesa a casa di chi non può uscire, essere creativi nel bene in vari modi. La notte non è più soltanto buia e una luce si comincia a vederla, è quella portata dal Salvatore, il nostro Redentore, che ci ha insegnato ad amare e a credere e rimanere nell’amore contro ogni avversità.
É venuto tra noi in piena notte e l’ha illuminata, Egli che è sempre con noi, non ci abbandona e nasce e rinasce là dove ci si vuol bene. Vieni, Signore Gesù, Luce che vince le tenebre. Auguri carissimi a tutti.
+ Stefano Manetti vescovo