In occasione della II Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili il nostro giornale l’Araldo Poliziano ha incontrato Antonio Sangermano, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Firenze che, insieme al Card. Augusto Paolo Lojudice, ha visitato l’Istituto “Antoniano” di Montepulciano
La Chiesa Italiana ha voluto una giornata speciale per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Un’iniziativa importante che però ci invita a vigilare 365 giorni all’anno. Lei cosa ne pensa?
Questa giornata è assolutamente importante. È la giornata della coscienza e della riflessione critica sulle cause di un vero e proprio diluvio di violenza e sofferenza che debbono essere analizzate, focalizzate, rimosse e combattute anche attraverso la repressione, ma soprattutto attraverso la prevenzione. Bisogna accertare l’idea che la vulnerabilità è una ricchezza interiore e non un minus. Il disabile, la persona fragile e sensibile ha qualcosa in più e non meno rispetto agli altri. Occorre bandire la violenza, quella che io chiamo la 17 «teologia della forza», ovvero un’idea narcisistica in cui si vive soltanto davanti a uno specchio dove ci si vede solo in azione, la rete, infierendo anche sull’altro soprattutto se vulnerabile. Questa concezione prestazionale e agonistica delle società produce odio e dolore.
Dal suo punto di vista, oggi in Italia si è presa una maggiore consapevolezza su questo argomento?
C’è sicuramente una maggiore consapevolezza culturale grazie anche una progressiva stratificazione normativa che ha disciplinato in maniera corretta il fenomeno. Si pensi al codice rosso. Ma non basta, su alcune questioni siamo indietro. Ad esempio l’uso della rete da parte dei minori in maniera abnorme e indiscriminato è un problema importante. Pensiamo all’accesso non filtrato ai grandi hub della pornografia, dove i ragazzi proiettano un’idea meccanica, predatoria virilista e genitale della sessualità, che viene disincarnata e ridotta ancora una volta a una mera condizione prestazionale.
Oggi il cellulare è un’appendice esistenziale e l’archivio della coscienza dei ragazzi. Dobbiamo cercare di incidere di più sulla rete, che rischia di esser uno specchio virtuale che rilancia solo immagini di orrore e di violenza. I genitori devono riappropriarsi del proprio ruolo e controllare e quando necessario prevenire.
Prevenire e meglio che curare e proprio per questo come aiutare e sostenere le famiglie più fragili affinché non si arrivi all’estremo?
E’ chiaro che la famiglia è l’epicentro di ogni riflessione. La famiglia ovvero il legame di un uomo e una donna, legati da un vincolo di amore, dall’affettività e da una progettualità.
«Ancora, domani, per sempre», la triade che amo ripetere e che sta alla base della famiglia. I ragazzi devono imparare a riscoprire la forza del progetto e una visione che superi l’eternità del presente dove non c‘è spazio per il domani . Il domani da senso al progetto fondandosi sul passato. La famiglia è il proteggo per eccellenza, ma è necessario che i genitori si assumano le loro responsabilità riscoprendo se stessi e il proprio ruolo meraviglioso di donatori di vita sia nella famiglia adottiva che in quella biologica. Dobbiamo fare capire ai genitori che non si può delegare all’iPhone l’educazione dei propri figli. Essere genitori è un compito difficile con diritti, ma anche i doveri.
La rete dei servizi istituzionali riesce concretamente a mettere in atto interventi di protezione efficaci? Se sì come?
La rete psico-socio assistenziale è fondamentale non dobbiamo ipostatizzare una sorta di nemico che toglie i bambini alle famiglie in base ad un pregiudizio ideologico, perchè questo sarebbe profondamente sbagliato. Ma non dobbiamo appiattirci sull’attività dei servizi sociali, che sono lo strumento del magistrato si serve per indagare la condizione di criticità relazionale nelle famiglie. Al magistrato compete la valutazione giurisdizionale. Dobbiamo avviare una profonda riflessione sull’universo minorile che potrebbe essere arricchito da nuove figure come ad esempio gli avvocati, perché a volte ho l’impressione che i servizi sociali e giudici onorari possano essere un circuito involontariamente autoreferenziale.
Noi abbiamo bisogno di libertà e coraggio nella valutazione e di una presenza intellettuale sempre accesa, che miri a salvare la famiglia ogni volta che questo sia possibile.
La famiglia non va smontata e funzionalizzata secondo un modello artificioso. Non esiste il genitore perfetto. Ognuno di noi è figlio dell’irriducibile imperfezione dei propri genitori. E in questa imperfezione abbiamo trovato alimento, la propria strutturazione fisica e fisica e psicologica. Imperfezione e perfezione non in un dualismo manicheo.
La rete è utile, ma non deve diventare un monstrum autoreferenziale, ma uno strumento di accertamento e di ristrutturazione della famiglia là dove è possibile.