Il conto dei morti per il devastante sisma aumenta di ora in ora. Secondo le ultime stime sono oltre 41 mila le vittime. La diocesi di Montepulciano- Chiusi-Pienza da anni ha un legame speciale con quei territori. Abbiamo chiesto a Francesca Starnini, volontaria della parrocchia di Chiusi di raccontarci questa storia di solidarietà e vicinanza. Vi proponiamo un estratto della sua intervista pubblicata sull’Araldo Poliziano di questa settimana.
Come nasce il legame tra Chiusi e la Terra Santa?
Il rapporto di fratellanza di tanti di noi con la Terra Santa affonda le sue radici nell’amicizia profonda e sincera che dal 1984 ha legato padre Michele Piccirillo (che fu archeologo e biblista francescano di fama internazionale) con don Antonio Canestri e la nostra parrocchia. Padre Michele ci ha permesso di ampliare lo sguardo a tutto il Medio Oriente, in particolare alla Siria, accompagnandoci personalmente nei nostri viaggi dal monte Nebo in Giordania a tutta la Siria, da Damasco, ad Aleppo, alla valle dell’Oronte nei villaggi di Knaye e Jacoubie e presentandoci le situazioni che necessitavano di sostegno e aiuto. Padre Michele è stato un frate che aveva a cuore soprattutto le pietre vive, le persone che incontrava nel suo peregrinare di archeologo e che guardava con gli occhi attenti di chi sa vedere, anche sotto la polvere delle umane sofferenze, il riflesso di Dio e vuole portarlo a risplendere di nuovo.
Il Medio Oriente nel cuore della nostra diocesi?
Si. In Libano abbiamo sostenuto il convento delle suore Francescane missionarie del cuore immacolato di Maria ad Adonis per il pagamento delle rette scolastiche e spese sanitarie. Ugualmente in Giordania è stato fatto per il Terra sancta School College di Amman. In Siria abbiamo sostenuto il nido d’infanzia e l’ambulatorio- dispensario presso il memoriale della conversione di san Paolo a Damasco, nel quartiere più povero della città e finanziato interventi chirurgici per chi non se lo poteva permettere: un intervento al cuore di una bimba, al seno per una donna col tumore, le cure e la fisioterapia per una bimba con handicap. Abbiamo organizzato pellegrinaggi in quei luoghi per sostenere le persone di lì attraverso il lavoro e tanti dalla nostra Diocesi sono partiti e ricordano con affetto Damasco, la Siria e i fratelli che ci hanno accolto
Da Montepulciano un pozzo per Aleppo?
Nel 2014, alla Messa di insediamento del nuovo vescovo, Mons Stefano Manetti, venne Mons. Nazzaro (già vicario apostolico latino in Siria, e, prima ancora, Custode di Terra Santa) in segno di ringraziamento perché il vescovo Stefano (venuto a conoscenza del rapporto di fraternità e carità che ci legava) come dono dalla nostra Diocesi in occasione della sua elezione aveva chiesto che non gli venisse regalato nulla di materiale ma offerte per la costruzione di un pozzo ad Aleppo, già martoriata dalla guerra e, tra le tante altre cose necessarie, dalla mancanza di acqua. L’allora vescovo di Aleppo, mons. George Abu Khazen, ricorda che spesso gli facevano la battuta “Ma come: da Montepulciano dove c’è il buon vino, tu hai avuto l’acqua?”.
In concreto come siete intervenuti?
Abbiamo contribuito alla costruzione di un poliambulatorio dedicato a S. Elisabetta a Knaye, proprio al confine con la Turchia, vicino al fiume Oronte, la zona terribilmente devastata da questo terremoto e dall’occupazione di bande armate islamiste. Il parroco di Knaye è padre Hanna Jallouf: sebbene non in salute, in anni e anni di guerra non ha mai abbandonato la sua comunità e anche adesso, dopo questo terremoto, ringrazia il Signore perché lui e i suoi parrocchiani hanno perso di nuovo tutte le cose materiali ma non la vita.