Ecco il testo integrale dell’intervista rilasciata a La Nazione dal Card. Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena- Colle di Val D’Elsa-Montalcino e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza
Cardinale Lojudice, ha sentito il suo amico cardinale Matteo Zuppi, tuonare contro i rischi legati al razzismo crescente?
«Non ha usato parole troppo forti, non so a chi si riferisse. Di sicuro voleva spegnere possibili inneschi di incendi polemici».
Come vede la situazione dei migranti in Italia? Hanno ragione i sindaci a protestare?
«C’è sempre un grave problema tipicamente italiano; non c’è un’organizzazione efficace dell’accoglienza di passaggio. Le statistiche internazionali ribadiscono che l’Italia è tra il 15° e il 20° posto per numero di migranti che restano nel Paese. Abbiamo un problema geografico irrisolvibile: la stragrande maggioranza dei migranti che vengono dal Mediterraneo passano dall’Italia. Non so perché non riusciamo a organizzare un passaggio serio, senza lager né respingimenti, né lasciandoli affogare in mare. Possibile che Lampedusa debba essere l’unico centro? Dovrebbe ospitarne 200 e ne ha sempre duemila».
Lei sa che la Convenzione di Dublino obbliga l’Italia a esaminare le richieste di asilo.
«Dublino è un altro dei misteri, non si riesce a modificare l’accordo. L’incontro tra una ventina di ministri dei Paesi europei non ha prodotto risultati. Il principio non è accogliere o non accogliere, finché si affronta così il problema, si alza solo un polverone che nasconde tutto. Tanto in Italia arriveranno migliaia e migliaia di migranti, forse milioni in 20 anni. Non si fermeranno perché non è un Paese appetibile, attraente per il loro futuro. Preferiranno andare in Francia o Germania, le loro mete ideali».
Sa anche che ai confini con la Francia succedono cose non edificanti verso i migranti.
«Perché si riduce tutto a una questione di soldi, accordi con la Libia e la Tunisia basati sul denaro. Servirebbe una commissione interdisciplinare che vada in quei Paesi e verifichi quelle condizioni inumane, rivelate da reportage o video. Così non si va da nessuna parte, due o tre corto circuiti bloccano tutto».
Lei fa ancora parte della Consulta Cei sui Migrantes?
«Sì, prima ero segretario, adesso sono membro della commissione presieduta da monsignor Perego. Che tra l’altro era ospite a Siena, ha visto il Palio dalla Fondazione Mps».
E’ ancora possibile vedere i migranti come risorsa, con numeri così alti?
«Migliaia di arrivi complicano le cose, questo è certo. Ma se guardiamo alla provincia di Siena, le cose stanno migliorando. Ci stiamo specializzando nell’accoglienza dei pakistani, dei richiedenti asilo provenienti dalla rotta balcanica. Dovremo affrontare anche altre emergenze. Ci sono Comuni che fanno molto, altri che potrebbero fare di più»
Siamo a quota 1.300 migranti. Quanti ne arriveranno?
«Ci sono delle segnalazioni di alcuni arrivi che la prefettura sta monitorando. Si parla di 150-200 arrivi dal Mediterraneo. Tra qualche giorno ci vedremo, prima della fine di agosto, con le istituzioni impegnate: Arcidiocesi, prefettura, questura, società della salute, Asl, Comune di Siena e Provincia».
Qual è il Comune che soffre?
«Chianciano fa la sua parte, Abbadia San Salvatore ha aperto due Cas da una cinquantina di posti l’uno. Servirebbero più centri di accoglienza, senza dubbio. Dovremo aprire anche i Sai, sistema accoglienza e integrazione, una volta erano gli Sprar. Puntare più a integrare».
Non crede siano solo sigle?
«Ho questo dubbio, la fatica maggiore è integrare chi arriva. C’è la mania degli acronimi. La sostanza è che va incentivato l’inserimento, tocca anche alle cooperative agire. Altrimenti restano solo tante persone che bivaccano senza far nulla».
Qual è lo stato dell’accoglienza a Siena e provincia?
«Noi ci stiamo provando, qualcosa in più si può sempre fare. L’arcidiocesi ha strutture, ma sono senza servizi, senza bagni. E’ un’accoglienza di emergenza, sia in via Mascagni che all’Arbia. Strutture messe a disposizione per evitare che la gente dorma nei parcheggi. Però passano settimane prima del permesso».
I rapporti con Siena?
«Vedo più disponibilità e più ascolto. Montalbuccio è una struttura emergenziale, dovrebbe trasformarsi in Cas a breve. Sapendo che è un gatto che si morde la coda, ogni centro che apri ti obbliga ad aprirne altri».
(Intervista di di Pino Di Blasio).