Ieri sera presso la Basilica Santa Maria degli Angeli, ad Assisi,
il Card. Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena- Colle di Val D’Elsa-Montalcino e vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, ha presieduto la celebrazione della santa messa in occasione del V Convegno Nazionale dei Cappellani e degli Operatori della Pastorale penitenziaria dal titolo “‘
Lo vide e ne ebbe compassione’ (Lc 10,33) dall’indifferenza alla cura”.
Nella sua omelia
(in fondo il testo completo) il Card. Lojudice ha evidenziato come: “Visitare i carcerati è un’opera di misericordia, un’opera di misericordia corporale. E voi, cari volontari, cari cappellani, siete i protagonisti di questa opera di misericordia, incaricati ministerialmente a vivere, a incarnare, a incontrare Gesù e a farlo incontrare. Se non sembrasse quasi ironico, potremmo dire che siete più fortunati di tutti perché avete la fortuna e la sicurezza di incontrare Gesù ogni giorno, appena inizia il vostro servizio, appena varcate quelle porte, quei cancelli, appena quei chiavistelli girano nelle serrature. Quindi nei colloqui, nelle celle, accarezzando quelle porte sante, lo sono state nell’ultimo Giubileo, in quei templi della presenza reale di Cristo”.
“Questa – ha aggiunto il cardinale – è veramente la lettura spirituale del nostro ministero in carcere. Permettetemi di dire, anche nostro, in alcuni momenti e per certi versi. Anche io, qualcuno lo sa, gli amici che conosco, sanno che sono stato parroco in una parrocchia dove avevo il più grande carcere nei domicili, cioè il più alto numero di detenuti agli arresti domiciliari della città. Quindi un’esperienza, in un modo o nell’altro l’ho vissuta. Anche quella è stata veramente molto molto formativa”.
“Oggi – ha poi sottolineato – stiamo anche festeggiando il 25 aprile del ’45. Questa data così simbolica, la resistenza italiana. Inizia la ritirata dei tedeschi, una storia che tutti ci portiamo, perlomeno i più grandi o, perlomeno, avendola anche studiata, e ce la portiamo dentro. Sì, anche il 25 aprile è una data che richiama una Rinascita. E anche qui, causalmente, ci troviamo a celebrare l’eucarestia insieme in questo giorno. Come quel 25 aprile fu una rinascita per il nostro paese, mi auguro veramente che ci possa essere una rinascita anche per tutte quelle persone, soprattutto, in modo particolare, ma senza togliere niente a nessuno, per i più giovani che sono detenuti”.
“Si dovrebbe promuovere – ha proseguito – , certamente, una riflessione, attenta, seria sul senso e sugli effetti della carcerazione, sui motivi che portano al carcere, su che tipo di popolazione è presente prevalente in essa, molto cambiata, – se penso alle carceri minorili non ci sono oggi i ragazzi che c’erano dieci, quindici o venti anni fa. Ma una riflessione sulle possibilità, a volte realizzate in qualche carcere, in troppi pochi, un pochino più cresciuto, più evoluto, in qualche carcere modello, di umanizzare lo stesso carcere. Sulle pene alternative a quella detentiva, che rispondano a un criterio di ricostruzione e a un criterio restaurativo della giustizia. Perché assumersi la responsabilità di un male fatto formi per questo, e per quanto possibile, un rimedio, è fondamentale. Ma senza che questo diventi la fine di tutto, quasi la conclusione definitiva. Si tratta di riconoscere che non esiste una condizione umana, neppure di colpa estrema, che ci esima dalla responsabilità nei confronti di chi viene privato della libertà anche se per giusta causa. Che non si può buttare, insieme alla chiave, la responsabilità di quella persona. Che la giunta di condizioni di vita, una vita tormentata, lesiva della dignità umana, non è compatibile con quell’intento rieducativa e riabilitativo che la norma deve avere. Proprio a norma della Costituzione”.
QUI L’OMELIA COMPLETA:
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